Il vino in cucina, una idea di cui non è possibile stabilire le origini sia temporali che locali, tuttavia è certo che si trattò di un’idea geniale e, comunque sia nata, per caso, per spirito di innovazione o per esigenze di conservazione degli alimenti, ha dato buoni risultati. Oggi il vino, l’aceto, i liquori e anche la birra vengono sempre più spesso utilizzati in cucina ed è quindi opportuno conoscere come avvengono certi fenomeni e determinate combinazioni che ci spiegheranno quando vale la pena di ricorrere a ricette che potremmo definire alcoliche.
Per quanto riguarda il vino il suo effetto sugli altri ingredienti non dipende solo dalla sua componente liquida, che del resto evapora durante la cottura, bensì da numerosissime altere componenti, circa 300. Ciascuna con una funzione specifica. Alcune di queste componenti hanno potere antisettico e disinfettante, e nelle marinate servono non solo ad insaporire i cibi, ma anche a preservarli dagli agenti esterni. Altre sono alcalinizzanti e servono ad equilibrare un’acidità troppo elevata dei cibi, mentre altre ancora sono antiallergiche. Nelle marinate e in altri casi, il vino protegge da certe intolleranze alimentari, come nel caso delle fragole che, se lasciate marinare nel vino, più difficilmente provocheranno orticaria. Il vino ha infine una funzione eupeptica, in quanto la sua presenza nei cibi ne migliora la digeribilità.
I vini rossi e specialmente quelli detti “di corpo”, sono più indicati per la preparazione di carni rosse, mentre per il pesci grassi e per alcune carni bianche, si impiegano rossi più leggeri o rosati. Per quasi tutte le carni bianche e i pesci, si utilizzano i vini bianchi. I vini rossi troppo secchi, cioè passati, non devono mai essere utilizzati in cucina, in quanto conferirebbero al cibo una eccessiva acidità e perché se perdono le loro caratteristiche originarie, la tipicizzazione del piatto resterebbe solo nel nome della ricetta, ma la preparazione sarebbe oltremodo scadente. Stesso discorso per quei vini bianchi conservati troppo a lungo, in quanto maderizzano, ovvero subiscono un anomalo processo di ossidazione e non vanno utilizzati.
Per quanto riguarda l’abbinamento del vino al piatto cucinato è buona norma, come già detto, accompagnarlo con lo stesso vino utilizzano per la preparazione, tuttavia questo principio non è applicabile se il vino utilizzato in cucina è dolce tipo marsala, porto, madera, o altro dello stesso tipo.
L’uso dei liquori in cucina, dato il loro elevato grado alcolico e la concentrazione del bouquet, richiede una certa attenzione e un attendo dosaggio. I liquori possono conferire, anche ad un piatto semplice, una nota di originalità e di novità rendendolo più gradevole.
La birra, con le sue caratteristiche di sapore e con il suo basso grado alcolico, sia che sia bionda o scura, dona alle varie preparazioni delle note particolari. La birra scura è utilizzata solitamente per preparazioni tipiche. In Italia vi sono delle ottime birre, specialmente quelle denominate da esportazione e special.
Lo champagne, gli spumanti italiani prodotti con il metodo champenois, il prosecco, gli spumanti naturali hanno una loro ben precisa collocazione in cucina, secondo le loro caratteristiche: secco, semisecco, dolce e si possono utilizzare nella preparazione dei primi piatti, via via fino al dessert, e conferiscono ai cibi aroma e gusto tutti particolari.
I liquori da usare nelle preparazioni in cucina si dividono sostanzialmente in due categorie: le acqueviti, o distillati (grappa, cognac, brandy, whisky, gin, rum, ecc.) e i liquori aromatizzati; in questo caso è opportuno che l’alcol sia puro, gli aromi naturali (erbe, radici) e la loro lavorazione scrupolosa. In cucina si utilizzano normalmente liquori secchi; quelli più o meno dolci vengono invece utilizzati nei dessert.
Come già accennato a proposito dei vini, anche per i liquori è bene avvalersi di prodotti di ottima qualità, conosciuti e garantiti dal nome del produttore che si sia posto in evidenza per la sua serietà e per la regolarità qualitativa della sua produzione. Quindi, per concludere, mai un vino, uno champagne o un liquore qualsiasi, tanto, come potrebbe pensare qualcuno, si disperderà quasi in buona parte nella cottura, ma solo prodotti di qualità.
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Per quanto riguarda il vino il suo effetto sugli altri ingredienti non dipende solo dalla sua componente liquida, che del resto evapora durante la cottura, bensì da numerosissime altere componenti, circa 300. Ciascuna con una funzione specifica. Alcune di queste componenti hanno potere antisettico e disinfettante, e nelle marinate servono non solo ad insaporire i cibi, ma anche a preservarli dagli agenti esterni. Altre sono alcalinizzanti e servono ad equilibrare un’acidità troppo elevata dei cibi, mentre altre ancora sono antiallergiche. Nelle marinate e in altri casi, il vino protegge da certe intolleranze alimentari, come nel caso delle fragole che, se lasciate marinare nel vino, più difficilmente provocheranno orticaria. Il vino ha infine una funzione eupeptica, in quanto la sua presenza nei cibi ne migliora la digeribilità.
I vini rossi e specialmente quelli detti “di corpo”, sono più indicati per la preparazione di carni rosse, mentre per il pesci grassi e per alcune carni bianche, si impiegano rossi più leggeri o rosati. Per quasi tutte le carni bianche e i pesci, si utilizzano i vini bianchi. I vini rossi troppo secchi, cioè passati, non devono mai essere utilizzati in cucina, in quanto conferirebbero al cibo una eccessiva acidità e perché se perdono le loro caratteristiche originarie, la tipicizzazione del piatto resterebbe solo nel nome della ricetta, ma la preparazione sarebbe oltremodo scadente. Stesso discorso per quei vini bianchi conservati troppo a lungo, in quanto maderizzano, ovvero subiscono un anomalo processo di ossidazione e non vanno utilizzati.
Per quanto riguarda l’abbinamento del vino al piatto cucinato è buona norma, come già detto, accompagnarlo con lo stesso vino utilizzano per la preparazione, tuttavia questo principio non è applicabile se il vino utilizzato in cucina è dolce tipo marsala, porto, madera, o altro dello stesso tipo.
L’uso dei liquori in cucina, dato il loro elevato grado alcolico e la concentrazione del bouquet, richiede una certa attenzione e un attendo dosaggio. I liquori possono conferire, anche ad un piatto semplice, una nota di originalità e di novità rendendolo più gradevole.
La birra, con le sue caratteristiche di sapore e con il suo basso grado alcolico, sia che sia bionda o scura, dona alle varie preparazioni delle note particolari. La birra scura è utilizzata solitamente per preparazioni tipiche. In Italia vi sono delle ottime birre, specialmente quelle denominate da esportazione e special.
Lo champagne, gli spumanti italiani prodotti con il metodo champenois, il prosecco, gli spumanti naturali hanno una loro ben precisa collocazione in cucina, secondo le loro caratteristiche: secco, semisecco, dolce e si possono utilizzare nella preparazione dei primi piatti, via via fino al dessert, e conferiscono ai cibi aroma e gusto tutti particolari.
I liquori da usare nelle preparazioni in cucina si dividono sostanzialmente in due categorie: le acqueviti, o distillati (grappa, cognac, brandy, whisky, gin, rum, ecc.) e i liquori aromatizzati; in questo caso è opportuno che l’alcol sia puro, gli aromi naturali (erbe, radici) e la loro lavorazione scrupolosa. In cucina si utilizzano normalmente liquori secchi; quelli più o meno dolci vengono invece utilizzati nei dessert.
Come già accennato a proposito dei vini, anche per i liquori è bene avvalersi di prodotti di ottima qualità, conosciuti e garantiti dal nome del produttore che si sia posto in evidenza per la sua serietà e per la regolarità qualitativa della sua produzione. Quindi, per concludere, mai un vino, uno champagne o un liquore qualsiasi, tanto, come potrebbe pensare qualcuno, si disperderà quasi in buona parte nella cottura, ma solo prodotti di qualità.
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